Arte Greca

Arte Greca

Le origini della civiltà greca risalgono al periodo in cui, dal XII al IX secolo a.C. (circa), tribù di Ioni, Eoli, Dori, provenienti dai Balcani, occupano, in fasi successive, il Peloponneso. Essi si impongono alla civiltà micenea, determinando l’inizio di una nuova cultura, che si estenderà poi a tutto il Mediterraneo. La civiltà greca vera e propria, con caratteri originali e ben definiti, viene generalmente comprese nel periodo che va dall’VIII al II secolo a.C. Inizialmente localizzata nella penisola ellenica, la civiltà greca si estende successivamente sulle coste dell’Asia Minore e dell’Italia meridionale (colonie della Magna Grecia), per diffondersi, con Alessandro Magno, in Egitto ed in Oriente, fino ai confini dell’India.

Arte: conoscenza di base

Moltissime sono le testimonianze della civiltà greca giunte sino a noi. Oltre ai numerosissimi reperti archeologici originali (impianti di città, teatri, statue, vasi) esistono copie romane di sculture e testimonianze scritte in greco e latino, che illustrano molteplici aspetti della vita e della cultura in Grecia. Assai scarse sono, tuttavia, le testimonianze della pittura. L’arte greca raggiunse altissimi livelli nella rappresentazione della figura umana: lo studio anatomico ed il movimento armonioso del corpo sono resi nel marmo e nel bronzo con grandissima abilità tecnica.

L’arte greca è divisa in tre grandi periodi:

Periodo Arcaico (dall’VIII secolo alla prima metà del V secolo a.C.): nell’arte sono ancora riconoscibili i modi espressivi degli antichi popoli dei Dori e degli Ioni; elementi delle loro culture rimangono evidenti, anche nei periodi successivi, soprattutto nella costruzione dei templi. A questo periodo risalgono templi semplici e massicci, sculture immobili e solenni, vasi a decorazione geometrica o a figure nere.

Periodo Classico (dalla seconda metà del V secolo a tutto il IV secolo a.C.): l’arte presenta caratteri unitari e ben definiti; ad essa è affidato il compito di divulgare e rafforzare i valori religiosi, sociali e politici del tempo. A questo periodo risalgono templi slanciati, armoniosi e riccamente decorati; sculture che propongono una bellezza fisica e perfetta, quasi irreale, carica di tensione e movimento. I vasi sono a figure rosse, che pongono in risalto l’anatomia dei corpi. Il complesso monumentale più significativo del periodo classico è l’Acropoli di Atene, che per volontà di Pericle viene costruita dai più importanti artisti del tempo, affinché divenga il simbolo della grandezza greca.

Periodo Ellenistico (dal III secolo al II secolo a.C. compreso): Alessandro Magno riunisce in un grande impero le civiltà dell’Oriente e della Grecia. L’arte greca si arricchisce degli influssi di culture diverse, ma perde il suo carattere unitario. Si formano varie correnti artistiche, che fanno capo a vere e proprie scuole (scuole di Pergamo e di Rodi). A questo periodo risalgono edifici monumentali che devono celebrare la potenza dell’impero; si costruiscono nuove città, secondo veri e propri piani regolatori. Le sculture divengono sempre più realistiche, caratterizzate da una forte espressività ed esasperazione dei gesti. La decorazione dei vasi è sempre più ricca e raffinata e le opere riflettono una padronanza assoluta dei mezzi tecnici. Vastissima è la produzione dei monili e di oggetti preziosi. Nasce il mercato delle opere d’arte, riprodotte anche in serie, in copie di piccolo formato.

Architettura

Il teatro e, in particolare, il tempio sono le opere più interessanti dell’architettura greca. Il teatro, per i Greci, era un luogo importante per manifestazioni collettive, insieme religiose, politiche, culturali e di svago. Gli spettacoli coincidevano con le grandi festività in onore del dio Dioniso, a cui partecipava la totalità della cittadinanza. Il teatro, come costruzione, è semplice, perfettamente funzionale ed esteticamente armoniosa. Costruito sempre a cielo aperto sul declivio di una collina si compone di tre parti:

– la gradinata semicircolare, divisa in settore per gli spettatori;

– l’orchestra, cioè la platea, a forma circolare o semicircolare: serviva per le danze del coro; nei tempi più antichi vi era collocato al centro un altare per i sacrifici al dio Dioniso;

– il proscenio (o palcoscenico), dove recitavano gli attori, avente come sfondo la scena, un edificio in muratura a imitazione di una reggia.

Il tempio, al pari del teatro, ha una struttura semplice e un aspetto armonioso; anche se vasto e maestoso non tende al colossale come le costruzioni egizie. Derivato dal megaron, assume attraverso il tempo una sua tipica fisionomia; il tempio tipo consiste di tre parti, disposte in senso longitudinale:

– il pronao, un porticato a colonne che precede la cella;

– la cella, locale destinato alla statua della divinità;

– l’opistodomo, locali posteriori destinati a conservare gli arredi del tempio e le offerte dei fedeli.

La costruzione posa su di un basamento formato da gradoni ed è coperta da un tetto a due spioventi che danno origine sulle facciate brevi a due frontoni o timpani triangolari. A seconda della disposizione delle colonne e anche del loro numero sulla facciata frontale il tempio ha denominazioni diverse. È detto in antis quando il portico è costituito dai prolungamenti dei muri della cella ed è delineato sulla facciata da due colonne; pròstilo quando il portico è aperto lateralmente e presenta quattro colonne sul fronte; anfipròstilo quando il portico è presente oltre che sulla facciata anteriore anche su quella posteriore; periptero quando il portico circonda l’intero tempio; diptero quando il portico è costituito da due file di colonne.

L’effetto armonioso del tempio greco è dovuto a un calcolato rapporto di proporzioni fra tutte le parti, principali e secondarie, dell’edificio. Come unità di misura o “modulo” gli architetti stabilirono il raggio di base della colonna; ad esso rapportarono le strutture portanti, quelle portate e anche le modanature o sagome architettoniche. Sono, queste, elementi che hanno la funzione di profilare e separare le parti principali e, nello stesso tempo, di decorare; possono essere rettilinee o curve, a superficie liscia o decorate a rilievo o a pittura. Il tempio greco è costruito secondo il sistema trilitico: come elemento portante c’è la colonna, composta di base, fusto e capitello; come elemento portato la trabeazione, suddivisa in architrave, fregio e cornice. La disposizione della colonna e della trabeazione con le loro tipiche suddivisioni, definite da regole fisse, costituisce il cosiddetto ordine architettonico. Gli ordini si suddividono in:

ordine dorico: il fusto della colonna presenta scanalature a spigoli vivi e poggia direttamente sullo stilobate. Il capitello è costituito da un semplice rigonfiamento (echino) sormontato da una spessa lastra a base quadrata (abaco). Sull’architrave è posta una fascia decorativa (fregio), composta da elementi scanalati (triglifi), alternati a lastre con bassorilievi (metope). La netta separazione fra un metopa e l’altra favorisce la rappresentazione di episodi staccati l’uno dall’altro.

ordine ionico: il fusto della colonna presenta scanalature a spigoli smussati; è più alto e sottile di quello dell’ordine dorico; poggia su di un basamento che lo isola dallo stilobate. Il capitello è costituito da due volute, sormontate da un sottile abaco. Sull’architrave il fregio è costituito da un bassorilievo che si sviluppa senza interruzioni e che si presta particolarmente per una narrazione continua.

ordine corinzio: la colonna e la decorazione del fregio sono ripresi dall’ordine ionico, il capitello è invece costituito da una composizione di foglie di acanto; gli edifici realizzati secondo l’ordine corinzio appaiono nel complesso più alti e monumentali.

In tutti e tre gli ordini il frontone del tempio, determinato dal tetto a due spioventi, è costituito da una cornice che delimita uno spazio triangolare interno detto timpano. Esso è decorato da sculture a tuttotondo che devono essere ideate in funzione del posto che occupano.

Scultura

La figura umana è il soggetto più rappresentato nella scultura greca. Le statue più antiche (VIII-VI secolo) raffigurano prevalentemente giovani uomini e donne e sono realizzate in pietra o marmo (tipiche sculture dell’epoca arcaica sono i kouroi, giovani atleti, e le korai, fanciulle ateniesi recanti offerte alla dea Athena). Sono sculture votive, erette con uno scopo propiziatorio, rigidamente frontali nell’impostazione della figura; sembrano chiedere benevolenza alla divinità che rappresenta il destinatario del messaggio visivo. Dal V secolo si evidenzia un vivo interesse per l’anatomia e la rappresentazione del movimento. Nel mondo greco le divinità hanno forma umana: il loro corpo, rappresentato nel pieno della giovinezza e del vigore, comunica l’idea di una bellezza perfetta, incorruttibile nel tempi, immortale. La rappresentazione della figura umana testimonia desiderio di perfezione nel corpo e nello spirito, volontà di raggiungere l’ideale dell’uomo eroico e vittorioso, protetto ed amato da un dio che guida le sue azioni. I grandi scultori del V secolo (Mirone, Policleto, Fidia) e del IV secolo (Skopas, Prassitele, Lisippo) esaltano la perfezione della muscolatura e studiano accuratamente l’armonia e la proporzione fra le parti del corpo, mostrando una grandissima abilità tecnica nella realizzazione delle loro opere, scolpite nel marno o fuse in bronzo. Dal III secolo in poi l’ideale dell’uomo greco perfetto viene abbandonato. Ci si allontana dalla bellezza idealizzata ed irreale dei secoli precedenti e le immagini riproducono anche i difetti fisici e le caratteristiche dei volti e corpi non più solo giovani ed atletici. Si sviluppa la ritrattistica per tramandare il volto degli uomini illustri. Al cittadino non si propone più un modello astratto di perfezione, bensì l’esempio di coloro che, con volontà, hanno saputo potenziare le molteplici capacità umane. Gli eroi della cultura greca sono ora i grandi protagonisti della storia: condottieri, uomini politici, filosofi, poeti, artisti. Lo scopo di questi messaggi visivi è soprattutto celebrativo; l’artista che scolpisce i ritratti vuole comunicare, attraverso l’espressività del volto, la personalità del soggetto rappresentato.

Pittura

Dalle testimonianze scritte sappiamo che in Grecia la pittura era molto diffusa; gli scavi archeologici, però, fino ad oggi hanno portato alla luce solo esempi di decorazione ad affresco in alcune tombe di Paestum. In esse sono rappresentate scene di banchetti, di giochi fra gladiatori e gruppi di donne che piangono il defunto. Queste immagini descrivono le fasi dei rituali funebri in uso presso le popolazioni della Magna Grecia, ancora in parte radicati nelle tradizioni popolari del sud d’Italia. La decorazione dei casi più antichi si ispira a motivi naturalistici (serpenti, uccelli, ecc.) e geometrici. Con il passare del tempo il soggetto più rappresentato diviene la figura umana; dapprima essa viene dipinta in nero sul fondo rosso della terracotta, successivamente viene dipinto il fondo con vernice nera, lasciando in rosso la figura. Con sottili pennelli si definiscono le pieghe delle vesti ed i particolari della muscolatura. La produzione della ceramica è vastissima in tutto il mondo greco ed ha una grande importanza nell’economia perché i vasi sono considerati merce di scambio. La tecnica della ceramica raggiunge altissimi livelli di esecuzione.

L’Acropoli di Atene

Il complesso monumentale più significativo dell’arte greca è l’Acropoli di Atene. Fin dall’epoca micenea (secondo millennio a.C.) sulla sua sommità si trovava il palazzo del re (anax) e intorno al XIII secolo a.C. vi fu innalzata la prima potente cinta muraria fortificata. Con l’accrescersi dell’importanza di Atene e in modo particolare nell’età di Pisistrato e dei Pisistratidi (VI secolo a.C.) l’Acropoli era stata via via arricchita di edifici sacri e le sue fortificazioni erano state rinforzate. Dopo le distruzioni operate dai Persiani cominciò la ricostruzione prima sotto il governo di Temistocle (inizio del V secolo a.C.), poi con Cimone (prima metà del V secolo a.C.), ma fu comunque con Pericle che l’Acropoli raggiunse il suo massimo splendore. L’agorà già alla fine del VI secolo a.C. era staccata dall’Acropoli caratterizzandosi come luogo civico per eccellenza, simbolo della trionfante democrazia. Nel V secolo a.C. acquistò una forma più regolare, si arricchì di edifici e di porticati che ospitavano botteghe e luoghi d’incontro. Divenne il vero centro politico e commerciale della città. Il primo edificio innalzato sull’Acropoli fu il Partenone, tempio di Athena Parthenos, cioè della Vergine in quanto la dea Athena aveva custodito la propria castità anche quando Efeso l’insediò, il monumento che Pericle volle fosse omaggio alla dea Athena protettrice della città nel difficile momento dello scontro con i persiani, anche un simbolo della potenza ateniese che dal periodo della guerra era uscita vincitrice stabilendo la propria egemonia sulla Grecia. Una serie di attente indagini condotte da un archeologo inglese, Rhys Carpenter, hanno rivelato che nel sito dove sorse il tempio pericleo era già stato in costruzione un altro tempio dedicato ad Athena ed era stato progettato nel 490 a.C. circa. Era già stata eretta un’altra piattaforma di pietra e posti in loco i tamburi di base del colonnato quando nel 480 a.C. sopravvenne l’invasione persiana. Tra il 468 e il 465 a.C., per iniziativa di Cimone, fu progettato un nuovo tempio nello stesso luogo e con la stessa pianta. I lavori per la costruzione del nuovo edificio furono interrotti però quando Pericle assunse il potere dopo la morte di Cimone nel 450 a.C. In questa fase fu progettato un nuovo tempio, il terzo, nello stesso luogo ma con pianta ampliata. Dai resoconti finanziari desumiamo che la costruzione del Partenone fu iniziata nel 447 a.C. quando fu inaugurata la grande statua crisoelefantina, cioè in oro e in avorio, la Athena Parthenos di Fidia, ma rimasero all’opera squadre di scultori fino al 432 per completare la decorazione dei frontoni. Le fonti antiche ci hanno tramandato i nomi di alcuni architetti: Iktinos, Kallikrates, Karpion. Sappiamo qualcosa di più di Fidia grazie alla sua notorietà e alla sua amicizia con Pericle. Le fonti sono d’accordo sul fatto che fu nominato da Pericle episkopos, cioè sovrintendente dei lavori del Partenone, e non abbiamo motivo per metterlo in dubbio. Comunque il Partenone non fu opera di una sola persona, ma di una équipe affiatata.

Lunga e minuziosa fu la progettazione, durata almeno due anni (449 e 448 a.C.). Fu usata, ristrutturandola e ampliandola (da 23,53 m x 66,94 con sei colonne per sedici a 30,88 m x 69,609) la piattaforma del precedente tempio che presentava già la disposizione prostila della cella, cioè con opistodomo anteriore con quattro colonne distaccate tra le ante e la profondità del pronao ridotta. Iktinos mantenne inoltre la divisione della cella in due settori, il vano principale a ovest a tre navate con doppia fila di dieci colonne, il secondo a est, a pianta quadrata, con quattro colonne che sostenevano il soffitto. La necessità di riutilizzare gli elementi delle colonne già presenti nel cantiere condizionò le dimensioni delle colonne, che risultarono di diametro inferiore rispetto ai canoni tradizionali dell’ordine dorico e quindi il colonnato esterno risultò con un ritmo molto serrato. Iktinos, pur conservando questa pianta, dovette tener conto delle proporzioni monumentali che Fidia prevedeva per la statua. Mantenne allora la divisione in due sale della cella del precedente tempio, ma trasformò però in modo sostanziale la ripartizione degli spazi e dei volumi. Sviluppò il colonnato interno attorno alla navata centrale della cella sotto forma di un portico a tre ali, due laterali a dieci colonne e una trasversale a cinque colonne. Aumentando così l’ampiezza della cella il numero delle colonne sulla facciata fu aumentato dai sei a otto; i corridoi del peristilio vennero ridotti, il pronao e l’opistodomo perdettero la profondità. Nella sala posteriore, dove veniva custodito il tesoro della dea e che all’origine portava il nome di Parthenon, nome che soltanto dal IV secolo a.C. fu adottato per tutto l’edificio, Iktinos impiegò l’ordine ionico per le quattro colonne perché la forma più slanciata soddisfaceva meglio l’esigenza di spazio.

La decorazione scultorea e pittorica ravvivava ed esaltava il tempio. Sobria quella relativa alle modanature in marmo dotate di piccoli fregi con perle. In quella del tetto predominava il motivo della palmetta. A testa di leone i gocciolatoi. Contenuta anche la cromia: poco azzurro, rosso, oro su alcune modanature e sui cassettoni marmorei, con motivi geometrici o floreali stilizzati. Sfortunatamente ci sono giunte in cattivissime condizioni le sculture del tempio, distribuite su novantadue metope, su un fregio di centosessanta metri che girava intorno alla cella e sui due frontoni. Per connettere in qualche modo i frammenti dispersi e interpretarli si sono rivelati preziosi i disegni eseguiti dal pittore Carrey prima dell’esplosione del Partenone-polveriera nel 1687. Le sculture, in marmo a grana fina erano dipinte e arricchite da dettagli in bronzo probabilmente dorato.

Le metope, pressappoco quadrate, erano quattordici sui lati brevi, trentadue sul lunghi. Sul lato occidentale è rappresentata un’amazzonomachia, lotta di amazzoni, simboleggiante con ogni probabilità la guerra contro i persiani. Del lato nord quasi nulla possiamo dire, perché l’unica metopa leggibile è la trentaduesima, che si pensa raffiguri Iris ed Hera, le divinità rappresentanti i fenomeni naturali e la terra o la vita stessa. Il tema svolto era comunque la guerra di Troia, con gli dei che assistevano alla lotta. La stessa indecifrabilità presenta il lato orientale, rappresentante una gigantomachia. Meglio si sono conservate le metope del lato occidentale, probabilmente perché di più difficile accesso, poiché da quella parte il pendio era più scosceso. Il tema è una Lotta fra Centauri e Lapiti, un popolo mitico della Tessaglia noto per avere liberato quella regione dei Centauri, chiara metafora della lotta tra la bestialità e razionalità. I contendenti sono in parte nudi in parte coperti da clamidi e mantelli. Alla contenutezza espressiva dei Lapiti fa riscontro un’intensissima gamma di emozioni sul volti dei Centauri. Perdute sono le metope dalla tredicesima alla ventunesima.

Ideato da Fidia, il lunghissimo fregio, della cella rappresenta in chiave realistica la processione delle Panatenee, la maggiore festa civile e religiosa di Atene, che si svolgeva in estate in onore della dea protettrice della città. Sul lato occidentale del fregio un corteo di cavalieri con un personaggio che li guida. Sul lato settentrionale ancora una cavalcata: i cavalieri sono preceduti da carri e seguiti da anziani, da citaredi e flautisti, da portatori di offerte, da conducenti di vittime sacrificali. Sul lato meridionale la tematica si ripete. Su quello occidentale un po’ meno affollato, le fanciulle ateniesi alla presenza degli eroi e degli dei offrono ad Athena il sacro peplo. Non c’è un momento di monotonia nella rappresentazione: le figure in movimento si alternano a quelle ferme, lo scorcio è risolto con un regredire dei piani e con una variazione di profondità del rilievo. Sono in tutto nel fregio trecentocinquanta figure, che riescono a vivere ciascuna di vita propria, pur integrandosi nell’insieme.

Anche i frontoni sono in cattivo stato di conservazione. Quello orientale recava ai lati il Sole sul carro che sorgeva dal mare e Selene, personificazione della luna, che con la sua quadriga vi sprofondava, al centro (perduta) la nascita di Athena; poco rimane anche di altre figure di divinità che assistevano al prodigio. Più complessa e dinamica la rappresentazione sul frontone occidentale. È la lotta fra Athena e Poseidone per il possesso dell’Attica, con la partecipazione di divinità e i eroi. Si avvertono anche qui l’idea e la mano di Fidia.

Tutte queste sculture convergevano a esaltare il capolavoro di Fidia, l’Athena Parthenos, il simulacro d’oro e avorio, posto all’interno della cella, della dea simbolo del genio e della libertà ateniesi. La statua era alta circa dodici metri ed erano stati impiegati per la costruzione circa mille chili d’oro, le parti nude erano di avorio, gli occhi di pietre preziose. La dea indossava una lunga veste, recava sul petto una testa di gorgone d’avorio, aveva il capo coperto da un elmo adorno al centro di una sfinge e ai lati di grifi. Nella mano destra reggeva una Nike, la dea della vittoria, coronata d’oro, con la sinistra lo scudo rotondo decorato all’esterno da una testa di gorgone e da un’amazzonomachia. Si affacciava dallo scudo Erichtonios, eroe attico con le fattezze di serpente, accudito alla nascita da Athena, che ne favorì il culto quando divenne re di Atene. Sulla spalla sinistra poggiava la lancia. Una centauromachia ornava le suole dei sandali. Per farci un’idea dell’opera dobbiamo ricorrere alle copie, non infedeli ma scialbe.

Dopo la costruzione del Partenone i cantieri attivi sull’Acropoli non cessarono la loro attività e l’officina organizzata da Iktinos e Kallikrates continuò a dominare la creazione architettonica in Grecia fino alla fine del V secolo a.C. Sull’Acropoli il nuovo tempio esigeva un accesso monumentale. Il precedente ingresso costruito nel VI secolo a.C. non rispondeva più alle esigenze del grande tempio. I lavori cominciarono nel 437-436 a.C. ma non furono mai terminati per l’inizio nel 432-431 a.C. della guerra del Peloponneso tra Atene e Sparta. A un nuovo architetto Mnesikles strettamente legato all’officina del Partenone per stile e modi costruttivi fu affidato l’incarico.

I Propilei sono costituiti da un corpo centrale con sei colonne doriche sulle due facciate di ovest ed est. L’interno era diviso da una parete a cinque porte in due vestiboli dei quali l’occidentale è il più ampio e ha tre navate separate da due file di tre colonne ioniche. Attraverso la navata centrale passava la via che conduceva agli edifici sacri. Al corpo centrale si affiancava a nord un edificio formato da un’ampia sala e da un portico a tre colonne “la pinacoteca”, così detta perché in essa erano conservate opere pittoriche.

A sud dei Propilei s’innalzava il Tempio di Athena Nike, progettato nel 448 a.C. circa da Ipponikos, nipote di Cimone che affidò la costruzione all’architetto Kallikrates. La costruzione divenne oggetto di contesa tra il partito conservatore di Cimone e Pericle che non gradiva che il bastione dell’Acropoli, sede di antichi culti fin da epoca micenea, fosse rioccupato da un culto tradizionale. Soltanto dopo la morte di Pericle, nel 424-423 a.C., il progetto di Kallikrates fu ripreso. Si tratta di un tempio ionico, in marmo pentelico, con quattro colonne sulle due facciate e con un’unica cella. Un fregio continuo correva sui quattro lati ed era decorato con lotte tra greci e orientali alla presenza degli dei, con allusioni forse ai recenti avvenimenti di guerra della città ateniese. La statua di culto, l’Athena Nike, era in legno.

Lungo il lato sud delle mura fu costruito l’Eretteo, di cui ignoriamo il nome del progettista. La costruzione ebbe inizio nel 421 a.C. e completata nel 405 a.c. (tra il 413 e il 409 a.C. fu interrotta per la spedizione in Sicilia). Il corpo principale è costituito da un tempio ionico con sei colonne sulla fronte come accesso alla cella dell’Athena Polias, dove era conservata l’antica statua della dea che si voleva fosse caduta dal cielo; la fronte occidentale è chiusa da un’altra parete. Nel lato nord presenta un vestibolo con quattro colonne ioniche sulla fronte e una su ciascun lato che racchiudeva il segno del colpo del tridente di Poseidone e dava accesso alla cella del dio. Nel lato meridionale sullo stesso asse c’è la Loggia delle Korai, la cui trabeazione è costituita da sei statue femminili (cariatidi) oggi sostituite da copie. Dalla loggetta si accedeva alla tomba di Cecrope. Un fregio con figure ad altorilievo recingevano tutto il tempio, compreso il portico settentrionale.

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