Medioevo Gotico

Medioevo Gotico

Carlo d’Angiò appoggiato dal Papa, conquista il Regno di Puglia e Sicilia. Successivamente quest’ultima si ribella, passando poi sotto gli Aragonesi, mentre il resto del Regno rimane agli Angioini. I Comuni, in lotta fra loro, affidano ad eserciti mercenari la propria difesa. La necessità di un capo forte e valoroso, che possa garantire la pace e frenare gli abusi, determinerà il passaggio dal Comune alla Signoria. In Europa si formano le grandi monarchie nazionali. Forti contrasti sorgono, per motivi economici, tra la monarchia francese e il papato al tempo di Filippo il Bello e Bonifacio VIII: alla morte di Bonifacio, il nuovo papa Clemente V, francese, sceglie di fissare la sua residenza in Francia. Così, per circa settanta anni, lui e i suoi successori si stabiliranno ad Avignone, ponendo la sede papale sotto la diretta protezione ed influenza della Corona di Francia. Frattanto, in Italia, i territori ecclesiastici acquistano sempre maggiore autonomia, dando vita a molte piccole Signorie cittadine. Nel resto della Penisola, i mercanti, i commercianti e i banchieri (borghesia) contribuiscono a consolidare il potere delle Signorie e le Repubbliche marinare (soprattutto Venezia e Genova) diventano sempre più ricche e potenti, anche grazie alle Crociate.

Arte: conoscenza di base

Nei secoli XIII e XIV si sviluppa nel nord Europa l’arte gotica. Il termine gotico venne coniato nel 1500 con un’accezione negativa: significava, infatti, “barbaro”. Il verticalismo accentuato dell’architettura ed il forte senso drammatico delle rappresentazioni nordiche furono nel Cinquecento assai criticate: solo quella della tarda romanità era considerata vera arte. Nel Trecento si afferma completamente la borghesia cittadina. Le opere d’arte non sono più commissionate solo dalla Chiesa e realizzate con le ricchezze dei nobili; anche i ricchi cittadini borghesi costruiscono edifici religiosi e commissionano opere pubbliche che determinano il nuovo volto delle città. All’interno delle Arti si associano varie botteghe artigiane nelle quali emerge una nuova figura, quella del maestro, che sceglie le committenze e cura personalmente l’aspetto economico del lavoro. Egli inoltre non ha sotto di sé un gruppo di semplici operai, ma avvia una scuola di discepoli che apprendono e diffondono il suo stile espressivo. Uno dei più grandi maestri del Trecento è Giotto, che si circonda di allievi, ai quali affida l’esecuzione delle parti di secondaria importanza nei suoi dipinti. Egli è un’artista nel senso moderno della parola e il suo modo di esprimersi non è sottoposto rigidamente solo alle indicazioni che provengono dall’autorità religiosa o civile, ma risponde soprattutto a scelte personali. Se fino a tutto il Duecento le immagini servivano a far conoscere ciò che il popolo analfabeta non poteva leggere, a partire dalla pittura di Giotto questa finalità non è più quella prevalente. Il linguaggio delle immagini non è solo un mezzo per tradurre le parole in figure e le superfici, le forme, i colori, la luce e lo spazio hanno valore indipendentemente da ciò che rappresentano. Le immagini non hanno più il ruolo di sostegno e chiarificazione di un testo scritto ma costituiscono ormai un linguaggio autonomo.

Architettura

Nel periodo gotico le cattedrali d’Oltralpe sono caratterizzate da un eccezionale sviluppo in altezza. In Italia, invece, il grande slancio verticale sarà molto contenuto, perché la radicata tradizione costruttiva romana, basata sul laterizio e la pietra, ha sviluppato una sensibilità particolare per la superficie continua ed il volume compatto. All’interno delle cattedrali d’Oltralpe l’arco a tutto sesto delle volte a crociera viene sostituito dall’arco a sesto acuto, che conferisce maggiore verticalità alle campate; questa ricerca di slancio comporta dei rischi per la stabilità della costruzione e per questo vengono ingrossati i pilastri esterni, contrafforti, sulla cui sommità si erigono archi che si piegano verso la crociera, archi rampanti, sostenendo la spinta laterale dell’arco a sesto acuto. L’arco rampante, quindi, ha lo scopo di assicurare la stabilità dell’edificio, ma diviene anche un elemento decorativo (abbellito da cornici e rilievi), che caratterizza l’esterno delle cattedrali gotiche. Tipici della decorazione esterna sono anche gli elementi architettonici a cono o a piramide molto acuta, detti pinnacolo o guglia. Posti sui contrafforti, lungo gli archi rampanti e sugli spioventi del tetto, essi sottolineano ulteriormente lo slancio verticale della costruzione. Il tiburio, all’incrocio fra navate e transetto, diventa quasi una torre, che spesso termina con una guglia acuminata e altissima, in sostituzione del campanile. Altre due torri si innalzano nella facciata, sopra le navate laterali, mentre un grande rosone sovrasta in genere l’ampio ingresso della navata centrale. All’interno delle cattedrali italiane l’arco acuto è meno ardito nella sua elevazione e spesso non vengono costruite le torri sulle navate laterali e sul tiburio, né gli archi rampanti sui contrafforti. Le finestre sono più piccole rispetto alle grandi vetrate francesi, inglesi, tedesche, perché la luminosità è tale da dover essere contenuta e non favorita. Infine, assai meno ricca è la decorazione a pinnacoli, guglie, trafori di marmo. In Italia, quindi, l’arte gotica non si affermerà mai nella sua completezza, ma solo alcuni elementi di esse verranno ad arricchire la tradizione romanica, che resta dominante. E’ ai monaci Cistercensi che si deve l’introduzione in Italia dei nuovi caratteri gotici; le numerose chiese abbaziali da loro fondate evidenziano infatti una ricerca di verticalità e slancio nelle strutture e negli spazi interni: lo spazio slanciato e luminoso della chiesa gotica si associa simbolicamente al desiderio di elevazione dell’anima a Dio. Nel Trecento la piazza è il nucleo centrale della vita cittadina. Nella piazza principale della città, accanto alla cattedrale è situata la sede del potere politico, il palazzo. Con il passare del tempo l’attività politica, quella religiosa e quella commerciale verranno separate e, nel tessuto della città, ad ognuna di esse corrisponderà uno spazio ben preciso: la piazza del Palazzo Pubblico, la piazza della Cattedrale e la piazza del Mercato, arricchite da logge e fontane. La società borghese si organizza nelle Corporazioni delle Arti e dei Mestieri: ogni corporazione ha il suo statuto, il suo consiglio di capi, il suo gonfalone. Ogni corporazione fa erigere una chiesa, dedicata al proprio Santo protettore, ed un palazzo, sede della Corporazione. La Città, in continua espansione, si arricchisce quindi di numerosi edifici significativi.

Scultura

Nel periodo gotico la scultura è sempre prevalentemente utilizzata per decorare l’edificio religioso, ma conquista una maggiore autonomia rispetto al periodo romanico. Sempre più spesso si ricorre al tuttotondo per rappresentare la figura umana; piccole statue ben definite nelle proporzioni e nell’anatomia, eseguite con raffinatezza nei dettagli dei volti, dei capelli e delle vesti, vengono poste su mensole, nelle nicchie delle pareti, nella decorazione dei portali. Un grande interesse viene posto nella decorazione del pulpito, che diviene un elemento fondamentale nella nuova liturgia della predicazione francescana e domenicana. Sostenuto da esili colonne nello spazio del presbiterio, o addossato ad un pilastro della navata centrale, questo piccolo podio, spesso di forma poligonale, permette al predicatore di essere visto e ascoltato con facilità da tutta l’assemblea. La sua ricchissima decorazione ne sottolinea l’importanza. In questo periodo si formano delle vere e proprie scuole di scultura; la più importante nasce a Pisa e fra i suoi maggiori esponenti figurano Nicola Pisano e suo figlio Giovanni. Le opere di questi artisti evidenziano uno studio attento e approfondito delle sculture romane nella ricerca del tuttotondo e nella composizione articolata su piani diversi e sviluppata per fasce, in riquadri successivi che “raccontano” storie. Esse però riflettono anche l’influenza degli scultori gotici della Francia e della Germania, nella ricerca di intensa espressività nelle solenni figure. Le opere più importanti di Nicola Pisano sono il pulpito del Battistero di Pisa, quello del Duomo di Siena e la Fontana maggiore di Perugina. Il figlio di Nicola, Giovanni, che collaborò sempre attivamente con il padre, soprattutto nella Fontana Maggiore di Perugina, va ricordato anche per l’esecuzione del pulpito del Duomo di Pisa. Grazie a Giovanni Pisano e Arnolfo di Cambio, allievo e collaboratore di Nicola, il recupero del mondo classico, attuato dalla scuola pisana, si diffonde nell’Italia centrale. Dalla seconda metà del Duecento, la scultura viene utilizzata anche nelle opere pubbliche destinate all’arricchimento delle piazze cittadine, specialmente nelle logge e nelle fontane.

Pittura

Nella seconda metà del Duecento l’influenza bizantina sulla pittura è ancora notevole; la linea che disegna le figure diviene però più ondulata e gli spazi tra linea e linea sono differenziai non solo dal colore, ma anche da diverse luminosità. Le figure acquistano così il senso del volume ed un maggiore realismo. Attraverso l’affresco, che diviene la tecnica tipica di questo periodo assieme alla pittura su tavola, la narrazione di storie sacre raggiunge livelli di altissima esecuzione. La tradizione delle croci e tavole dipinte continua ad affermarsi in tutta l’Italia centrale. La rappresentazione della Madonna in trono, fra Angeli e Santi, detta «Maestà», diviene ricca e complessa: la tavola è suddivisa in scomparti da elementi architettonici che ripetono gli schemi delle facciate e delle finestre gotiche. Tale composizione viene definita trittico, se divisa in tre scomparti, polittico, se divisa in numero maggiore di tre. Anche in pittura si formano vere e proprie scuole: nell’Italia centrale assai attiva è la scuola romana, nella quale spiccano le personalità di Jacopo Torriti e Pietro Cavallini. La pittura più rappresentativa di questo periodo viene però elaborata nell’ambito della scuola senese e della scuola fiorentina.

Scuola senese

Capo scuola della pittura senese è Duccio di Buoninsegna. La sua opera è caratterizzata da una grande raffinatezza di esecuzione: le immagini aggraziate, accurate nella definizione dei particolari e costruite attraverso la linea ed il colore diventeranno tipiche della tradizione senese. Nel Trecento Simone Martini e, dopo di lui, Pietro e Ambrogio Lorenzetti, sono pittori rinomati per la ricchezza decorativa delle loro immagini. Lo spirito cavalleresco e profano si riflette nelle scene sacre: i Santi, vestiti con i ricchi costumi dell’epoca, circondano Maria che riceve doni dagli Angeli, inginocchiati ai lati del suo trono come paggi di fronte ad una dama. Il gusto per la decorazione e l’attenzione per gli elementi di tipo naturalistico riflettono gli influssi della miniatura gotica francese; gli artisti, da Siena, sono infatti chiamati a lavorare presso la corte papale ad Avignone, dove è stata trasferita la sede pontificia. Così come avviene per la scultura, in questo periodo anche la pittura conquista un ruolo importante nelle opere pubbliche. Le sale del Palazzo del Governo si abbelliscono di dipinti che raffigurano il momento della vita nelle città e nelle campagne, nella pace e nella guerra.

Scuola fiorentina

Il caposcuola dei pittori fiorentini è Cenni di Pepo, detto Cimabue. Nel crocifisso di Arezzo e nella Madonna di Santa Trinita, a Firenze, le sue figure sono vigorose e cariche di umanità; la composizione è monumentale. Sono evidenti i legami con la scuola pisana di scultura e con quella romana di pittura. La ricerca di una forte espressività appare anche negli affreschi della chiesa Superiore di Assisi, purtroppo oggi molto rovinati. La scena della Crocefissione, che appare annerita nelle parti luminose, quasi fosse un’immagine in negativo, conserva tuttavia intatta la sua potenza: la figura di Cristo, inarcata sulla Croce e con le vesti scosse dal vento, è circondata da Angeli le cui ali si agitano nello spazio, mentre in basso la schiera dei seguaci protende le braccia verso Cristo, accentuando la dinamicità della composizione.

La rappresentazione del volume, del movimento e dell’espressività delle figure verrà ripresa e sviluppata nelle opere di un grandissimo artista del Trecento: Giotto. Soprattutto pittore, ma anche scultore e architetto, Giotto occupa nella storia dell’arte un posto paragonabile a quello che Dante occupa nella storia della letteratura; già nel suo tempo la fama che raggiunge è vastissima e committenti diversi, pubblici e privati, religiosi e laici, lo invitano a lavorare in molte città d’Italia. Tra le sue opere più celebri sono gli affreschi della Cappella degli Scrovegni a Padova (Vita della Vergine e di Gesù; Giudizio Universale); gli affreschi della chiesa di S. Francesco ad Assisi (Storie della Madonna, Vita di S. Francesco, Storie della Maddalena); il progetto del campanile di S. Maria del Fiore a Firenze. Ormai abbandonato quasi completamente il fondo d’oro, nelle scene dipinte da Giotto lo spazio in profondità viene rappresentato attraverso la prospettiva degli elementi architettonici e lo scorcio delle figure. La linea che disegna i contorni è scomparsa e le forme si distaccano l’una dall’altra per contrasti di colore. Con Giotto la pittura a tinte piatte, tipica dell’arte bizantina, viene completamente abbandonata; le figura esprimono le loro emozioni umane e la loro importanza non è più sottolineata dalle dimensioni ingigantite.

© 2018 Lorena Laurenti. All rights reserved. È possibile fare una citazione dell’articolo includendo il link originale alla pagina e dandone comunicazione all’indirizzo info@disegnamo.it

Share This
NEWER POST
COMMENTS
Comments are closed