Paolo Barbieri

Paolo Barbieri

Affascinato dal mondo degli anime che popolavano la televisione degli anni ’80, inizia a disegnare sulle orme di Go Nagai con Ufo Robot, poi, i fantastici mondi creati dalle fantasie nippofile si concretizzano indelebilmente nella sua mente dando vita all’artista che oggi è riconosciuto come il più grande illustratore fantasy italiano: Paolo Barbieri.
La sua passione nasce da Goldrake per proseguire con Guerre Stellari dove, tra la creazione di modellini in carta e le costruzioni con i Lego, inizia a trovare la sua dimensione.
Frequenta l’Istituto d’arte e in seguito la scuola di grafica pubblicitaria a Milano, ma sono le illustrazioni che lo affascinano sempre più. Rodney Matthews, Boris Vallejo, Michael Whelan, Giger, Keith Parkinson e Brom diventano dei punti di riferimento e finalmente inizia a coltivare la sua passione più autentica.
Disegna e colora con qualunque mezzo, anche i più insoliti come i gessetti, con cui nel 2003 a Grazie di Curtatone, in provincia di Mantova, vince il raduno dedicato ai madonnari di tutto il mondo. Successivamente apprezza e usa l’olio, l’acrilico e l’aerografo con cui dà vita ai suoi lavori.
Lavora nel mondo dei biglietti d’auguri, ma non è quella la sua vera passione, lui vuole dare vita a mondi sconosciuti e, forse proprio per questo desiderio, arriva nel tempo la prima commissione: una copertina per un libro Tea, chiamato Come in una gabbia dello studio Baroni, con cui tutt’ora collabora.
Da quel momento il suo percorso ha effettivamente inizio. Collabora con grandi case editrici italiane e realizza copertine per scrittori famosi come Umberto Eco, Clive Cussler, Desmond Bagley, Ursula Le Guin, George R. R. Martin, Cornelia Funke, Michael Crichton, Sergej Luk’Janenko, Lian Hearn, Bernard Cornwell, Wilbur Smith, Marion Zimmer Bradley e molti altri.
Altri lavori si affiancano e non mancano di certo le critiche negative, ma Paolo non si arrende e, grazie alla sua tenacia, arriva nel 1999 la prima copertina per Mondadori con la collana Urania.
Nel 2001 collabora con il lungometraggio animato Aida degli alberi nel ruolo di direttore delle scenografie chiave, che gli permette di avere un’enorme esperienza direttamente nella capitale coreana. Ricco di nuove tecniche e carico di passione torna in Italia concentrandosi nuovamente nel settore dell’editoria.
Nel 2003 arriva la collaborazioni con la Mondadori per le copertine dei libri di Licia Troisi, per cui oggi è conosciuto in tutto il Paese. L’effetto è talmente dirompente che la collaborazione si allarga e dalle copertine passa a creare i libri illustrati dedicati al Mondo Emerso (2007-2010).
Dal 2005 Paolo si avvicina al mondo digitale e inizia a usare il computer per creare le sue opere. Tutt’ora la sua arte è in continua evoluzione.
Negli ultimi anni ha pubblicato diversi libri illustrati di cui ha creato testi e immagini.

D: Ciao, Paolo, e grazie per l’intervista che concedi agli utenti di DisegnAMO. Leggendo la tua biografica, la prima cosa che ci viene in mente è questa: secondo la tua esperienza quanto è difficile al giorno d’oggi per un discreto disegnatore affermarsi nel mondo del lavoro in Italia? Che sforzi richiede a livello pratico?

R: Ciao a tutti, e grazie a voi per l’intervista.
Sì, è difficile, inutile girarci intorno. Occorre molta pazienza e un grandissimo impegno. Dal canto mio, prima di passare alle copertine più “conosciute”, ho avuto molte esperienze diverse, dai biglietti di auguri (per intenderci i vari “buon compleanno, w gli sposi, buon anniversario” etc.), a disegni interni per fascicoli di ogni genere.
Fare esperienze simili, e imparare a disegnare tutto, serve a farsi le ossa, e soprattutto a imparare l’organizzazione del proprio lavoro, con il rispetto delle scadenze.
È essenziale apparire “seri” agli occhi del cliente, e saper soddisfare le richieste con tutta la qualità possibile.
Realizzare un disegno anche se si viene pagati poco è controproducente, in quanto la pubblicità derivante sarebbe negativa. Meglio rifiutare a priori, se si dubita del compenso o della “serietà professionale” del committente. Una volta accettato il lavoro però, occorre sempre dare il massimo.
Poi non parlerei solo di Italia: grazie a internet un disegnatore può farsi conoscere in tutto il mondo (con siti e blog), e può contattare tutte le case editrici che hanno gli indirizzi in rete.
Per cui il discorso “Italia” è limitato: meglio pensare a quanto è difficile riuscire a fare questo mestiere, e come trovare il proprio metodo di lavoro ottimale.
Dico spesso a chi mi chiede consigli che occorre soprattutto pazienza e umiltà: a volte mi sono scontrato con persone che hanno avuto delle mie critiche negative, oppure ho trovato disegnatori in erba con molta fretta di emergere, “bruciando” la propria maturazione artistica.
Art director e professionisti danno buoni consigli, e se qualcosa non va, occorre porsi delle domande, e avere l’umiltà di continuare a esercitarsi e migliorare (disegno dal vero, anatomia, tecniche base di prospettiva, insomma tutto).
Provare a inventare, ma anche utilizzare foto per migliorare tecnica e manualità.

D: Qual è il primo passo per passare da “disegnatore per hobby” a “disegnatore per lavoro”? Nella tua esperienza quali difficoltà hai riscontrato? C’è stato qualcuno che ti ha dato una mano a trovare le collaborazioni? Cosa consiglieresti a chi si approccia a questo mondo? A che porte bussare?

R: I passi da fare sono semplici: disegnare tanto, tantissimo. Se hai la passione per il disegno, sviluppi il tuo talento con anni di schizzi e illustrazioni personali, acquisendo bravura ed esperienza. Il passaggio a “disegnatore per lavoro” è automatico, in quanto ti rendi semplicemente conto che con le tue creazioni vorresti viverci, e di conseguenza inizi a proporti agli studi e case editrici varie.
Le difficoltà sono le solite che si possono trovare: critiche negative, lavoro sottopagato (con addirittura clienti che scompaiono nel nulla), puntualità che viene richiesta al disegnatore con tempi spesso strettissimi.
Non da meno non è facile l’ambiente italiano che spesso esprime critiche piuttosto “di parte” o “curiose”.
Faccio un esempio: in alcuni “luoghi virtuali”, vengo “rimproverato” di realizzare visi spesso molto simili. Per ampliare la questione, diciamo che questo è un segno distintivo di un disegnatore: ma se l’interpretazione arriva da un illustratore straniero (vedi Luis Royo, Vallejo, Victoria Frances, giusto per fare alcuni nomi), allora diventa “stile” o tratto distintivo. Se invece questa caratteristica viene associata a me, allora diventa “fare le stesse cose”. Piuttosto curioso.
Insomma, occorre capire, e anche farsi capire, ma soprattutto cercare di mettere davanti a tutto le proprie fantasie, perché sono quelle che plasmano lo stile, che non dimentichiamolo, vale molto di più di qualsiasi tecnicismo esasperato (se poi arrivano “critiche”, queste fanno parte del mestiere. In fondo l’importante è farsi riconoscere, giusto per andare al sodo).
Per le collaborazioni non ho avuto nessun aiuto: mi sono cercato i numeri delle case editrici sull’elenco telefonico e le ho chiamate, fissando appuntamenti per mostrare i miei disegni.
Una volta iniziato a realizzare le prime copertine, si è attivato il passaparola tra professionisti, e ho esponenzialmente aumentato i miei contatti.
Non da meno è l’utilizzo di un blog o un di un sito, che danno un contributo notevole per far conoscere il proprio lavoro.

D: Critiche negative… purtroppo arrivano sempre e per chiunque. Com’è stata la tua esperienza? In che modo hai trovato la forza di continuare senza lasciare il tuo sogno?

R: Sì, come dicevo sopra le critiche ci sono, e possono provenire anche dai committenti. Più volte, alcuni di loro mi hanno detto che la mia arte non era sufficientemente dettagliata o favolistica, e che difficilmente col mio stile avrei trovato lavoro in Italia.
Ora, tutti possono sbagliare, ma occorre fare una giusta media tra ciò che ci viene detto e le nostre aspirazioni. Se 20 art director su 20 ti dicono di cambiar mestiere, forse un motivo ci sarà…
Io ho cercato di far tesoro di tutte le critiche, utilizzandole per spronarmi a fare sempre meglio.
Così in tutti quegli anni di lavoro in cui non ho fatto nessun drago e guerriero, ho disegnato al meglio quello che mi veniva richiesto: il classico “impara l’arte e mettila da parte”.
Quando finalmente ho potuto scatenarmi con mondi di fantasia, tutta la gavetta fatta ha dato i suoi frutti.
Ecco, la mia forza è sempre stata quella di credere alla mia fantasia, ma nondimeno restando con i piedi per terra, maturando prima con la mia professionalità ed esperienza, per poi fare quello che desideravo quando ne ho avuto la possibilità.

D: Come ti è venuta l’idea di creare Favole degli Dei? Quanto tempo hai lavorato sul progetto e che sensazione ti dà oggi vedere il tuo primo libro scritto e disegnato, in vendita in tutte le librerie?

R: L’idea di Favole degli Dei mi è venuta per caso. Alcune copertine che avevo realizzato, mi avevano particolarmente ispirato (Alice nel paese della vaporità e Sanctuary), e da quelle cercavo una maturazione del mio stile.
Così mi misi a disegnare un guerriero seguendo quell’istinto, ma senza un fine preciso.
Nelle parti finali dei ritocchi all’illustrazione, mi venne semplicemente un’intuizione: quel personaggio aderiva perfettamente alla mia interpretazione di Ares, il dio della guerra.
Nel giro di alcuni mesi disegnai anche Afrodite e Medusa, per mettere alla prova le mie idee.
Il trittico mi convinceva, e per completare il tutto, scrissi alcuni racconti in cui reinterpretavo la mitologia greca, partendo dagli elementi conosciuti ma aggiungendo particolari in cui cercavo di mettere in luce la vera anima degli immortali (o meglio, quello che era il mio pensiero a riguardo).
Dopo un po’ di tempo, proposi quell’idea a Mondadori, che rimase entusiasta e mi diede il via libera all’intero progetto.
Dopo un anno e mezzo di lavoro, ho ultimato Favole degli Dei: vedere nelle librerie un libro tutto mio con il mio nome ben in mostra in copertina, mi ha fatto un certo effetto (sebbene fossi già “abituato” a vedere ovunque le mie illustrazioni).
In poche parole, fantastico!

D: Se potessi realizzare un tuo sogno, scegliere di partecipare a un progetto, un film d’animazione, un fumetto o una collaborazione con un autore famoso (in Italia o nel mondo)… cosa sceglieresti?

R: Io ho parecchie idee e confuse! In realtà, quando non mi metto “a tavolino” per studiare un progetto, non cerco mai di incanalare le mie idee in un’unica direzione. Cerco di lasciarmi una certa libertà, per non scartare nessuna opzione. Dal caos iniziale scelgo gli elementi che più mi convincono, e inizio il lavoro (quello che è appunto successo con Favole degli Dei).
Detto questo mi piacerebbe senz’altro avere un’evoluzione nella mia arte, sperimentando in più direzioni. Credo che quello che Shaun Tan è riuscito a creare con L’Approdo sia fantastico (dal libro all’animazione).
Parlando di registi, mi piacciono molto Peter Jackson, in questo momento al lavoro sui film tratti da Lo Hobbit, e Guillermo del Toro, particolarmente visionario nei suoi film.

D: Infine, una domanda più generale… al momento che telefilm/film, fumetti o libri stai guardando/leggendo con passione?

R: Parlando di fumetti sto seguendo Lilith, di Luca Enoch (molto bello, ma aspettare 6 mesi tra un numero e il successivo è una tortura).
Invece ho adorato serie televisive come Battlestar Galactica, Games of Thrones, Spartacus e Doctor Who.

Grazie mille per la tua disponibilità da tutti gli utenti di DisegnAMO!

R: Grazie a voi!

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